Icom IC-735
Una nuova radio per gli anni 80

Nel precedente episodio del Podcast di XJA ho parlato di una radio che segnò un'epoca: lo Yaesu FT-757GX e del suo successore, il 757GXII. Una radio piccola, compatta, completa. Ovviamente, se ve lo siete perso, vi invito ad ascoltarlo perché questo ne è, un po', il proseguimento...
Anche perché, con quella radio, la Yaesu aveva aperto una strada che i concorrenti non potevano ignorare e, soprattutto, non tardò a farsi sentire il diretto concorrente di Yaesu, la Icom di Osaka, che raccolse, immediatamente, la sfida proponendo sul mercato la sua nuova creazione.
Era il 1985 ed in questo episodio andiamo proprio a vedere che cosa successe il quell'anno ormai così lontano...
Gli anni 80: epoca di grandi sfide
Sin dall'inizio degli anni 80, forti venti di cambiamento soffiavano sul mercato delle radio amatoriali. Giunti al 1983, l'aria era letteralmente elettrizzata da un'attesa quasi febbrile. Le grandi case giapponesi, produttrici di veri e propri giganti di robustezza e complessità, si trovavano a un bivio. I pionieri che avevano costruito i loro palazzi di silicio e cavi intorno a oggetti di massiccia presenza, apparati che letteralmente dominavano le scrivanie e richiedevano un sollevamento in due per essere spostati, si stavano accorgendo che il mondo si muoveva in una nuova direzione. I radioamatori, sempre più numerosi, giovani e dinamici, cercavano qualcosa di diverso: non più solo potenza, ma anche agilità e compattezza che si adattasse a spazi di vita sempre più ristretti, ma cercavano anche radio completate da un'estetica moderna e funzionale.
Ad Osaka, nello stabilimento di Icom un piccolo gruppo di ingegneri aveva avuto una visione. Guidati da un'intuizione quasi controcorrente, avevano deciso di ignorare la via maestra delle «radio grosse e di presenza» e di puntare su qualcosa di nuovo, di radicalmente diverso. L'idea era un sogno sussurrato nei corridoi, un progetto tenuto, sino a quel momento, segreto: creare una ricetrasmittente che racchiudesse la potenza di 100 watt in un corpo compatto; un vero «tuttofare» delle onde corte che potesse trovare posto in qualsiasi angolo, anche il più piccolo, magari uno spazio magari faticosamente strappato ad altri usi.
Il cuore di questo progetto, che sarebbe diventato l'Icom IC-735, era un'innovazione che sembrava quasi un'eresia per quei tempi: la digitalizzazione della sintesi di frequenza, campo in cui Icom la faceva da maestra. I vecchi VFO analogici, che richiedevano spazio e calibrazioni precise, furono sostituiti da un sintetizzatore digitale (il cosiddetto D.D.S., o Direct Digital Syntesis), una piccola e geniale soluzione che permetteva una stabilità e una precisione prima inimmaginabili, il tutto racchiuso in pochi componenti.

Mentre il design prendeva forma, però, un punto di attrito si manifestò. Le logiche di progettazione del tempo prevedevano una selva di potenziometri e manopole, ciascuno a gestire una specifica funzione, per offrire al radioperatore il massimo controllo. Ma la filosofia del team era la compattezza. Ora, come conciliare le due cose? La soluzione arrivò da un giovane designer, che propose un compromesso audace e, come si sarebbe visto, anche un po' controverso: nascondere i controlli meno usati dietro uno sportellino. Un piccolo pannello di plastica trasparente, quasi un cristallo protettivo, che nascondeva dei potenziometri slider dedicati a funzioni come, ad esempio, il guadagno del microfono, il livello del noise blanker, il VOX, la potenza erogata ed alcuni altri pulsanti.
L'idea, inizialmente, sembrò geniale. Creava un'estetica pulita, moderna, quasi minimalista. L'ingegnere capo era estasiato: «È come una Ferrari che nasconde il motore sotto un cofano di vetro!», pare abbia esclamato. Tuttavia, i primi test interni rivelarono alcune crepe. L'uso quotidiano dimostrò che la plastica, sebbene funzionale, tendeva a graffiarsi e, in mani meno attente, le delicate cernierine si rompevano. Inoltre, i radioperatori più esperti, abituati ad avere ogni comando a portata di mano, non apprezzarono la necessità di aprire e chiudere lo sportello per ogni minima regolazione. Quel piccolo pannello trasparente divenne, così, oggetto di discussioni accese, un graffio sul curriculum altrimenti perfetto dell'IC-735!

Nonostante le perplessità interne, il progetto andò avanti con determinazione. L'Icom IC-735 era destinata a irrompere sulla scena del 1985. Un anno di svolte epocali, che risuonavano quasi in parallelo con l'audacia di quel piccolo apparato. Mentre a Osaka la catena di montaggio sfornava i primi IC-735, il mondo era in subbuglio. In tanti erano «sintonizzati» sulle note del Live Aid, il grande concerto globale che univa il mondo in nome della beneficenza e sulle note di «We are the World». Allo stesso tempo, nello spazio, la NASA stava preparando le missioni dello Space Shuttle, con il Challenger che si preparava a una serie di voli che catturavano l'immaginazione del pubblico.
La commercializzazione dell'IC-735 fu davvero un evento. Quando venne presentata, i rivenditori di attrezzature per Radioamatori rimasero sbalorditi. Era piccola, compatta, potente ma, soprattutto, diversa. Icom aveva osato sfidare la grande concorrenza. Tuttavia, non era sola in questa nuova corsa. La Kenwood, con il suo acclamato TS-430S, e la Yaesu, con il solido FT-757GX, erano già sul mercato e rappresentavano una competizione formidabile. Entrambe offrivano 100 watt di potenza ed avevano conquistato una fetta importante di mercato. La Kenwood, in particolare, aveva un'estetica pulita e robusta che molti preferivano, mentre la Yaesu era amata per la sua affidabilità. L'IC-735, con il suo design audace, il suo sportellino trasparente ed il display LCD era la novità, quasi un intruso in un club di vecchie conoscenze. Ben tre medie frequenze ripulivano il segnale e la prima, a oltre 70 Mhz, garantiva un'ottima reiezione delle frequenze immagine, indispensabile per lavorare nelle bande iper affollate degli anni 80. Un keyer interno, un ottimo Pass Band Tuning ed un valido filtro notch completavano una radio che, sotto la scocca superiore, nascondeva un abbondante dissipatore, in grado di raffreddare agevolmente i bollenti spiriti dei finali da ben 100 watts!
Le recensioni iniziali furono un misto di elogi e critiche. La stabilità della frequenza, la sensibilità del ricevitore e la potenza di trasmissione furono accolte con grande entusiasmo. Era un piccolo prodigio della tecnica, un apparato che offriva prestazioni da «big rig» in un corpo piccolo e snello. Ma lo sportellino in plastica fu immediatamente oggetto di dibattito. Alcuni lo consideravano un tocco di classe, un'innovazione estetica. La maggior parte dei radioperatori, tuttavia, lo vedeva come un fastidio, una debolezza strutturale in un apparecchio altrimenti robusto. A lui si aggiunge l'uso dei potenziometri slider, che rendevano difficili delle impostazioni precise, e che non aiutò certo a dissipare i dubbi.
In questa radio, un moderno display a cristalli liquidi retroilluminato fornisce le principali informazioni su frequenza, parametri operativi e memorie (sono 12, salvate in eprom con batteria tampone); al display si affianca un completo strumento analogico a fondo chiaro per segnale, potenza, rapporto onde stazionarie ed ALC.

Tra gli accessori spiccavano i due filtri a cristallo da 500 e 250 Hz per gli appassionati di telegrafia, ambito in cui la mancanza del primo filtro si faceva davvero sentire... Accordatore AT-150 e microfono da base (il piccolo SM-6 o il blasonato SM-8) erano certamente gli oggetti più desiderati ed anche dal costo non indifferente per quei tempi. Ad essi si aggiungeva l’altoparlante esterno, siglato SP-7, che ripeteva le linee e le forme della radio.
Nonostante tutto, con il tempo, l'Icom IC-735 divenne ugualmente un'icona. Le sue qualità tecniche superarono le perplessità estetiche. La longevità della sua produzione, compresa tra il 1985 ed i primissimi 90, fu la prova che l'intuizione del team di Osaka era giusta. Sebbene lo sportellino di plastica continuasse a essere il suo tallone d'Achille, un punto di discussione e di rottura, la radio si guadagnò un posto d'onore nei cuori, e negli shack, dei radioamatori. Era la radio che aveva reso la potenza “portatile”, l'apparato che aveva dimostrato che il futuro non era nelle dimensioni, ma nell'intelligenza e nella compattezza. La Icom IC-735 non fu solo una radio: fu un simbolo di un cambiamento, un piccolo pezzo di storia che, in anni di grandi eventi, aveva saputo ritagliarsi il suo spazio, cambiando per sempre il modo in cui i radioamatori si sintonizzavano sul mondo.
Podcast di XJA: l'episodio di questa pagina!
Ed ecco il nuovo episodio del podcast di xja; come sempre è disponibile su spreaker.com con il numero 59... Desidero nuovamente ringraziare il mio amico Piero, che ha prestato la sua voce per il nuovo «stacchetto» e Luca IU2RPQ per il suo brano «Capture no. 1» che ascoltate in sottofondo alla seconda parte del mio racconto:
Ascolta "Episodio 59: Le radio dei radioamatori, Icom IC-735" su Spreaker.
ed, ovviamente, sul mio canale youtube ma con il numero 58: